Acido lattico

Acido lattico: cos’è, come si forma e come smaltirlo | Brexidol

A cura della Redazione Brexidol

Ritrovarsi un po’ indolenziti nei giorni successivi ad attività che impegnano i muscoli in modo inconsueto è del tutto normale e assolutamente prevedibile. Ma non si deve fare l’errore di dare tutta la colpa all’acido lattico.

Anche se permane la convinzione comune, difficile da scardinare, che sia l’accumulo di acido lattico a causare affaticamento e dolori muscolari, gli studi dell’ultimo ventennio hanno ormai escluso tale correlazione, individuando altri fattori all’origine dei fastidi. Comprenderli può aiutare a prevenire disagi eccessivi e a recuperare meglio dopo l’attività fisica, oltre a restituire dignità all’acido lattico, che sembrerebbe essere una sostanza più utile che dannosa per le performance muscolari o, quantomeno, innocua. 

Cos'è l'acido lattico

L’acido lattico è un composto che viene prodotto in modo costante all’interno dei muscoli durante l’attività di contrazione e rilassamento delle fibre muscolari, in quantità tanto maggiore quanto più intenso e prolungato è lo sforzo fisico che si pratica. Proprio questa osservazione, in passato, ha indotto a ritenere che l’affaticamento e la perdita di forza e capacità contrattile durante l’esercizio, nonché l’indolenzimento che può svilupparsi nelle 12-24 ore successive all’allenamento, fossero dovuti proprio all’accumulo di acido lattico all’interno dei muscoli.

Questa “teoria dell’acido lattico”, introdotta per la prima volta dal fisiologo inglese Archibald Vivian Hill nel 1920 (insignito del premio Nobel nel 1922 proprio per i suoi studi sul metabolismo energetico muscolare) e rimasta in voga fino all’inizio del nuovo millennio, si basava sull’idea che l’eccesso di questo composto inducesse una riduzione del pH locale con un effetto “tossico” transitorio sul muscolo, gradualmente reversibile, man mano che l’acido lattico veniva smaltito attraverso il circolo sanguigno e il pH ritornava al valore fisiologico normale.

Gli studi condotti negli ultimi trent’anni hanno dimostrato che le osservazioni sperimentali a supporto di questa teoria non erano adeguate a spiegare ciò che effettivamente accade nei muscoli e che l’accumulo di acido lattico, pur presente, è al più un indicatore di fatica muscolare, ma non la causa dei sintomi. L’idea attuale, formulata sulla base di numerosi studi, è che la sensazione di affaticamento e calo delle performance durante l’esercizio dipenda principalmente dalla liberazione di altre sostanze nocive, la cui concentrazione aumenta all’interno del muscolo durante il processo di contrazione.

Al contrario, l’acido lattico sembrerebbe esercitare un ruolo neutro o, secondo alcuni ricercatori, addirittura favorevole, contribuendo a contrastare la fatica muscolare (in sinergia con altre sostanze protettive, come le catecolamine), a proteggere la funzionalità muscolare durante l’attività e/o a promuovere il recupero post-esercizio.
In ogni caso, ciò di cui non può essere ritenuto responsabile l’acido lattico è la DOMS (Delayed Onset Muscular soreness), ossia l’infiammazione muscolare ritardata che insorge dopo 12-24 ore dal termine di un’attività fisica intensa e che può persistere fino a 3-5 giorni. Diversi studi hanno infatti dimostrato come l’accumulo di acido lattico permanga nei muscoli per un tempo limitato, venendo del tutto smaltito nell’arco di 1-2 ore. L’acido lattico, quindi, non è più presente quando compaiono i sintomi tipici della DOMS.

Secondo gli esperti, l’ipotesi più probabile è che la DOMS dipenda da microtraumi che si verificano a livello delle fibre muscolari durante l’esercizio di una certa intensità, soprattutto in persone con livelli di allenamento insufficiente che sovraccaricano il muscolo rispetto alle sue effettive potenzialità di lavoro. Questi microtraumi fisiologici non devono preoccupare troppo, dal momento che le fibre muscolari sono in grado di autoripararsi in poco tempo, ma l’infiammazione associata può causare indolenzimento significativo, sensazione di calore o bruciore, talvolta lieve gonfiore, nonché calo di forza e capacità contrattile.

Come si forma l'acido lattico

Nel corpo umano l’acido lattico si forma come prodotto finale della cosiddetta “glicolisi anaerobica”, ossia del processo biochimico che avviene all’interno delle cellule per produrre energia metabolica in assenza di ossigeno, a partire dal glucosio. Attraverso passaggi successivi, il glucosio viene trasformato in un composto chiamato acido piruvico (o piruvato) che, in presenza di ossigeno, può essere ulteriormente utilizzato a scopo energetico oppure, in assenza di ossigeno, può essere convertito in acido lattico.

L’acido lattico si forma in grandi quantità quando la richiesta di energia del muscolo aumenta notevolmente e rapidamente, come avviene all’inizio di un esercizio impegnativo senza riscaldamento preliminare, oppure quando uno sforzo muscolare viene protratto a lungo (sport di resistenza). In queste condizioni, infatti, il flusso sanguigno non è in grado di garantire un apporto sufficiente di ossigeno alle cellule muscolari e il muscolo è costretto a produrre parte dell’energia necessaria sfruttando al massimo la glicolisi anaerobica. 

Al contrario, quando si è a riposo e durante attività muscolari prolungate, ma moderate o comunque in linea con i livelli di allenamento individuali, il muscolo riesce a produrre gran parte dell’energia che gli serve attraverso la respirazione aerobica, producendo con la glicolisi anaerobica quantità minime di lattato

In natura, l’acido lattico viene prodotto anche da diverse specie di batteri attraverso un processo metabolico chiamato “fermentazione lattica”. Questi batteri, detti anche “fermenti lattici”, sono usati sia nell’industria alimentare (per esempio per produrre lo yogurt e i formaggi) sia in medicina nel contesto di preparati utilizzati per riequilibrare il microbiota dell’intestino, della pelle o vaginale, proprio grazie alla liberazione di acido lattico/lattati che acidificano l’ambiente locale, inibendo la crescita di microrganismi patogeni.

Come smaltire l'acido lattico

Dal momento che l’organismo umano sano è perfettamente in grado di smaltire l’acido lattico in modo efficiente, non sono necessari specifici accorgimenti aggiuntivi per eliminare questo composto. D’altro canto, un’eliminazione più rapida di questa sostanza non sarebbe in alcun modo vantaggiosa per i muscoli, posto che non è l’acido lattico a causare la fatica muscolare e/o dell’infiammazione ritardata tipica della DOMS. 

Non esiste, quindi, una reale esigenza di promuovere la capacità di smaltimento dell’acido lattico dai muscoli. Accorgimenti che potrebbero, in parte, favorire questo processo sono quelli in grado di promuovere la circolazione sanguigna a livello dei muscoli interessati, come per esempio eseguire esercizi di defaticamento a bassa intensità al termine dell’allenamento, fare un bagno o una doccia calda post-attività fisica e garantire una buona idratazione dell’organismo durante e dopo l’esercizio, soprattutto se si suda molto.

Al contrario, il consiglio spesso seguito in passato di praticare massaggi post-allenamento a livello dei muscoli indolenziti sarebbe addirittura controproducente, poiché la pressione esercitata dalle mani ostacolerebbe il passaggio spontaneo del lattato nel sangue, facendolo permanere più a lungo nelle fibre muscolari. Ma, come detto, in base alle evidenze scientifiche attuali questa maggiore presenza dell’acido lattico nei muscoli non sembra associata ad alcun effetto dannoso.

Come prevenire l'accumulo di acido lattico

Secondo la “teoria dell’acido lattico”, i lattati inizierebbero a creare problemi quando la quantità prodotta supera le capacità di smaltimento dei muscoli, determinando un accumulo “tossico”. I problemi muscolari conseguenti non sarebbero gli stessi per tutti, ma correlati alla “soglia anaerobica” individuale, a sua volta legata al livello di allenamento e via via più alta per persone più allenate e con migliori performance muscolari di base.

Ora che la “teoria dell’acido lattico” è stata scardinata, tutte queste considerazioni vengono meno, così come la necessità di prevenire la formazione di lattato in eccesso, del tutto innocua a livello muscolare. Ma se i lattati non c’entrano, come contrastare l’affaticamento muscolare e l’infiammazione post-allenamento che quasi tutti sperimentano dopo un’attività fisica intensa?

I consigli a riguardo sono quelli sempre forniti a chi inizia a praticare sport dopo un periodo di inattività o a chi vuole incrementare il livello di impegno muscolare e le prestazioni atletiche. L’obiettivo è quello di ottimizzare il metabolismo energetico muscolare, ridurre il rischio di micro e macro-traumi delle fibre muscolari, nonché potenziare la risposta globale dell’organismo all’esercizio fisico (funzionalità cardiopolmonare e circolatoria, equilibrio idrosalino, controllo neuromuscolare ecc.).

Innanzitutto, è importante prevedere un programma di allenamento con incremento dei livelli di intensità graduale, compatibile con le proprie potenzialità fisiche, il livello di fitness e l’età. I muscoli di un adulto, specie se un po’ in là con gli anni, sono indubbiamente meno reattivi ed efficienti di quelli di un bambino o di un ragazzo e bisogna tenerne conto. 

Per preparare i muscoli al lavoro più impegnativo è consigliabile prevedere 10-15 minuti di esercizi di riscaldamento a bassa intensità e/o stretching

Lo stesso va fatto al termine dell’allenamento per favorire il defaticamento e la circolazione del sangue che rimuove le sostanze tossiche prodotte dal metabolismo energetico e dall’attività contrattile dei muscoli. Allo stesso scopo, può essere utile fare una doccia o un bagno tiepido o leggermente caldo dopo l’attività sportiva.

Garantire all’organismo un’adeguata idratazione è sempre necessario durante e dopo l’attività fisica, soprattutto se praticata in ambienti caldi e/o secchi e se si suda molto (a prescindere dal clima esterno). 

Bere acqua è di norma sufficiente per mantenere l’equilibrio idrosalino di un ragazzo o adulto che si allena a media intensità, mentre per sportivi professionisti che si sottopongono a sessioni di allenamento impegnative o competizioni può essere preferibile assumere un liquido reidratante salino e/o contenente modeste quantità di carboidrati

Ciò permette di reintegrare rispettivamente gli elettroliti persi con il sudore e il glucosio usato per produrre energia muscolare, riducendo anche il rischio che insorgano crampi notturni da carenza di sali minerali. Alcuni studi suggeriscono di puntare anche sull’alimentazione, assumendo modeste quantità di cibi a base di carboidrati 20-30 minuti prima dell’attività sportiva oppure carboidrati in associazione a proteine dopo averla terminata per ridurre la sensazione di fatica muscolare e l’indolenzimento dopo l’allenamento.

Se il giorno successivo all’attività fisica compare una DOMS modesta, non è indispensabile restare a riposo, anche perché in genere l’indolenzimento si attenua quando i muscoli “si riscaldano” con il movimento. Tuttavia, è sempre bene non forzare, allenandosi a bassa intensità per alcuni giorni o concentrando gli esercizi su gruppi di muscoli non interessati da infiammazione e dolore, finché non si è ottenuto il miglioramento spontaneo dei sintomi.

Il riposo è, invece, raccomandato in caso di dolori muscolari significativi, per dar modo al muscolo di riparare i microtraumi a carico delle fibre muscolari. In questi casi, per attenuare i sintomi e l’infiammazione muscolare può essere utile applicare impacchi freddi nel punto interessato ed, eventualmente, utilizzare farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) in forma topica (cerotti medicati, gel ecc.). Viceversa, se l’indolenzimento è notevole ed esteso a più distretti muscolari, può essere necessario assumere FANS per bocca per 1-2 giorni. Se il problema non si risolve nell’arco di 3-4 giorni è, però, necessario rivolgersi al medico per una valutazione.

 

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